Questo capitolo racconta come Li Yuanhong, erroneamente designato leader della Rivoluzione Xinhai dopo un'esplosione in un arsenale a Wuchang, assunse il comando nonostante l'esilio di Sun Yat-sen e ottenne fondi grazie a sponsorizzazioni ripetute, illustrando il miscuglio di caos, intrighi per procura e opportunismo che caratterizzò la rivolta.
Tentò dieci insurrezioni e fallì tutte e dieci le volte, ma ogni volta trovava nuovi finanziatori e ne usciva arricchito.
12 marzo 2018.
Quanto segue è la continuazione del capitolo precedente.
L’esplosione di Wuchang non fu opera dei rivoluzionari.
Sembra sia stato un incidente causato da un soldato che fece cadere una botte di polvere da sparo, ma anche i rivoluzionari caddero nella stessa illusione di Li Yuanhong.
«Dev’essere stato qualcuno di noi ad insorgere.»
All’alba, dopo il trambusto, Wuhan era gremita di veri e improvvisati rivoluzionari, tutti in preda al delirio.
A unirli furono il veterano ufficiale giapponese Ohara Takechika, l’amico cinese in esilio di Sun Yat-sen, Kawano Chōji, e un gruppo di giapponesi espatriati.
Nel frattempo, le forze Qing erano sotto il comando di una squadra tedesca di consiglieri militari.
La farsa rivoluzionaria assunse i contorni di una guerra per procura nippo-tedesca, quando Li Yuanhong — nascosto in un rifugio sicuro — fu scoperto.
«Lo offriamo al massacro?»
Ma i ribelli non avevano un capo.
Sun Yat-sen era fuggito negli Stati Uniti dopo essere stato accusato di appropriazione indebita.
«E se nominassimo il noto Li Yuanhong come capo temporaneo dei rivoluzionari?»
Dopotutto, la Rivoluzione Xinhai era iniziata da un malinteso.
Una tale flessibilità era coerente con il momento.
Li Yuanhong divenne di fatto il leader della rivoluzione.
Da qui l'espressione “Rivoluzione della Sorpresa”.
Sun Yat-sen si trovava a Denver.
Aveva ottenuto i suoi fondi grazie alla generosità del mecenate giapponese Umeya Shōkichi.
Alla lettura della notizia della rivolta di Wuchang sui giornali americani, non tornò in Cina.
Volò invece a New York, poi a Londra, proclamandosi nuovo leader della Cina e correndo a raccogliere fondi.
Aveva fallito dieci insurrezioni, ma ogni volta si era arricchito trovando nuovi sponsor.
«Probabilmente sarà un altro fallimento, ma finché arrivano i soldi…» pensava Sun Yat-sen.
Il giornalista americano George Bronson Lee, che lo conosceva bene, ne scrisse esattamente in questi termini.
(Continua…)